Spaesata si guardava intorno con un misto di preoccupazione e controllo, come se volesse assicurarsi, le mani sui fianchi, che andasse tutto bene, piuttosto che vedere dove si fosse cacciato suo marito. Alla fine si sedette, tenendo un posto con i suoi numerosi sacchetti, straordinariamente in tinta col suo vestito a fiori.
Alla fine lui arrivò, con i preziosi cuscini. Subito si misero a cercare posti migliori; la signora sorrideva, mentre provava le varie sedie.
Finalmente scelsero due posti defilati, appartati. Lui, con cura, guardò che il suo maglione fosse nel verso giusto, prima di metterselo.
domenica 24 luglio 2011
sabato 28 maggio 2011
Lo Scrittore Alveare 1.
Questo testo è stato composto da decine di persone diverse. Io ne scrivo una riga, quella successiva la scrive una persona che conosco, poi un'altra io, quella dopo una persona diversa, poi di nuovo io e così via. Questa divisione in righe non corrisponde a quella reale di composizione.
E’ difficile trovare persone che possano dirti come raggiungere questo posto. In pochi lo sanno, a ringraziamento del loro impegno nella causa. Io non ho mai detto a nessuno come fare, né conosco nessuno che l’abbia mai fatto. Ciò nonostante lei era lì, ed era di certo la ragazza più sexy che si potesse immaginare: 157 Kg di curve cicciose, sebo e obesa voluttuosità. La sua ombra era uno spettacolo.
Aspettai 2 ore alla fermata e un solo pensiero attraversava la mia mente: avrà la minima idea di dove si trova? Se ne andrà a cercare altro di più interessante o resterà a pensare ancora? Ad un certo punto si accorse che la stavo fissando, si tolse un auricolare e "Guarda che l’ultimo autobus è appena passato - disse. Non solo si trovava lì, ma per di più ci sarebbe tornata ancora e ancora, ogni giorno con lo stesso borsone pesantissimo, a non fare altro che aspettare un modo per uscire da quella spiacevole situazione; ma questo sul momento non lo sapevo, come pure non sapevo ancora che proprio quel giorno, in quello stesso identico posto avrei lasciato per la prima volta la fermata.
Successe che mi prese l’ansia e cominciai a sventolarmi la faccia sbuffando pesantemente. Non so se lei se ne accorse, ma dopo aver ostentato la mia nonchalance, il suo sguardo penetrante si fermò su di me, come se per lei io non fossi altro che un semplice autista. Mi costrinse ad accompagnarla a casa, fece leva sulla situazione, ormai in stallo. A niente servì l’indifferenza con la quale cercavo di apparire, lei non mi permise neanche di temporeggiare: tentai di scappare attraverso la porta semi aperta del manifesto sulla pensilina, ma mi sbarrò la strada con le sue mani tentacolari. Riuscii a scappare, presi un taxi.
E’ difficile trovare persone che possano dirti come raggiungere questo posto. In pochi lo sanno, a ringraziamento del loro impegno nella causa. Io non ho mai detto a nessuno come fare, né conosco nessuno che l’abbia mai fatto. Ciò nonostante lei era lì, ed era di certo la ragazza più sexy che si potesse immaginare: 157 Kg di curve cicciose, sebo e obesa voluttuosità. La sua ombra era uno spettacolo.
Aspettai 2 ore alla fermata e un solo pensiero attraversava la mia mente: avrà la minima idea di dove si trova? Se ne andrà a cercare altro di più interessante o resterà a pensare ancora? Ad un certo punto si accorse che la stavo fissando, si tolse un auricolare e "Guarda che l’ultimo autobus è appena passato - disse. Non solo si trovava lì, ma per di più ci sarebbe tornata ancora e ancora, ogni giorno con lo stesso borsone pesantissimo, a non fare altro che aspettare un modo per uscire da quella spiacevole situazione; ma questo sul momento non lo sapevo, come pure non sapevo ancora che proprio quel giorno, in quello stesso identico posto avrei lasciato per la prima volta la fermata.
Successe che mi prese l’ansia e cominciai a sventolarmi la faccia sbuffando pesantemente. Non so se lei se ne accorse, ma dopo aver ostentato la mia nonchalance, il suo sguardo penetrante si fermò su di me, come se per lei io non fossi altro che un semplice autista. Mi costrinse ad accompagnarla a casa, fece leva sulla situazione, ormai in stallo. A niente servì l’indifferenza con la quale cercavo di apparire, lei non mi permise neanche di temporeggiare: tentai di scappare attraverso la porta semi aperta del manifesto sulla pensilina, ma mi sbarrò la strada con le sue mani tentacolari. Riuscii a scappare, presi un taxi.
lunedì 25 aprile 2011
Lo studente di Storia dell'Arte
BEA: Invece del panettone mangiamo un uovo sbattuto e una patata lessa.
MARISA: Il panettone ci piacerebbe, ma non c'è; ci sono invece un uovo, una patata, una bottiglia d'olio e un limone.Facciamo lessare una patata e con l'uovo e l'olio gireremo nella scodella con il cucchiaino per la maionese, alla fine aggiungeremo il limone.
B: Ho fame di patata lessa con maionese. Ho voglia di parlare!
M: Ti parlo per iscritto; come hai fatto, Bea, a Cambiare la voglia di panettone con la patata lessa e la maionese?
B: Perchè ho cambiato la mia voglia, tu mi chiedi? Dato che il panettone non c'è rimane solo un'idea, invece la patata lessa c'è, quindi è reale.
M: La tua voglia di panettone non è reale?
B: Sì, era reale, ma il panettone non potevo mangiarlo, quindi non potevo sfamare la mia voglia reale. Invece con la patata lessa e la maionese posso sfamare la mia voglia, anch'essa reale.
M. Perchè hai detto: < Ho voglia di panettone >, allora, e non semplciemente < Ho fame >?
B: Sono stufa di rispondere a domande del genere.
* Conversazione tra la'artista Marisa Merz e la figlia Bea, 1960.
MARISA: Il panettone ci piacerebbe, ma non c'è; ci sono invece un uovo, una patata, una bottiglia d'olio e un limone.Facciamo lessare una patata e con l'uovo e l'olio gireremo nella scodella con il cucchiaino per la maionese, alla fine aggiungeremo il limone.
B: Ho fame di patata lessa con maionese. Ho voglia di parlare!
M: Ti parlo per iscritto; come hai fatto, Bea, a Cambiare la voglia di panettone con la patata lessa e la maionese?
B: Perchè ho cambiato la mia voglia, tu mi chiedi? Dato che il panettone non c'è rimane solo un'idea, invece la patata lessa c'è, quindi è reale.
M: La tua voglia di panettone non è reale?
B: Sì, era reale, ma il panettone non potevo mangiarlo, quindi non potevo sfamare la mia voglia reale. Invece con la patata lessa e la maionese posso sfamare la mia voglia, anch'essa reale.
M. Perchè hai detto: < Ho voglia di panettone >, allora, e non semplciemente < Ho fame >?
B: Sono stufa di rispondere a domande del genere.
* Conversazione tra la'artista Marisa Merz e la figlia Bea, 1960.
sabato 23 aprile 2011
Il Padre
Avete presente quel fumetto vecchio, le strisce che uscivano sui giornali un bel po’ di tempo fa. Non mi ricordo il titolo, c’erano questi bambini che facevano sempre un sacco di discorsi super intelligenti, ma invece erano tipo all’asilo. E ce n’era uno che suonava il piano, l’altro giocava a ... boh. Ce l’avete presente no? Era famoso. Non ricordo neanche su che giornale usciva.
Ne ho trovata una striscia accartocciata nella giacca di mio padre, insieme a un tappo di bottiglia, tre pezzetti di vetro e dello spago stretto in uno strano nodo.
Era una di quelle su quel cane , Woopy? Scooby? No quello era l’altro. Insomma, era una di quelle in cui sta sulla cuccia e pensa a qualcosa.
Quando lo leggevo da bambino mi ci scervellavo sopra. Come diavolo faceva a stare in equilibrio steso su quella cuccia? Lui era chiaramente tondeggiante, e il tetto di quella casetta era a doppio spiovente, di sicuro con un bello spigolo in cima. Doveva fare anche parecchio male.
Credo di averlo chiesto a mio padre, una volta, e mi diede una risposta molto lunga e complicata che ora non ricordo. Forse già a quel tempo non ci si poteva più fare molto affidamento. Sarà stato sulle anatre e le lenti antigraffio, o qualcosa del genere.
Da piccolo mi piaceva davvero tanto quel fumetto. Dicevo sempre a mio padre di tenermi la pagina per leggerlo, ma se ne dimenticava sempre. Non si ricordava quasi nulla.
E’ così che è cominciata.
Ne ho trovata una striscia accartocciata nella giacca di mio padre, insieme a un tappo di bottiglia, tre pezzetti di vetro e dello spago stretto in uno strano nodo.
Era una di quelle su quel cane , Woopy? Scooby? No quello era l’altro. Insomma, era una di quelle in cui sta sulla cuccia e pensa a qualcosa.
Quando lo leggevo da bambino mi ci scervellavo sopra. Come diavolo faceva a stare in equilibrio steso su quella cuccia? Lui era chiaramente tondeggiante, e il tetto di quella casetta era a doppio spiovente, di sicuro con un bello spigolo in cima. Doveva fare anche parecchio male.
Credo di averlo chiesto a mio padre, una volta, e mi diede una risposta molto lunga e complicata che ora non ricordo. Forse già a quel tempo non ci si poteva più fare molto affidamento. Sarà stato sulle anatre e le lenti antigraffio, o qualcosa del genere.
Da piccolo mi piaceva davvero tanto quel fumetto. Dicevo sempre a mio padre di tenermi la pagina per leggerlo, ma se ne dimenticava sempre. Non si ricordava quasi nulla.
E’ così che è cominciata.
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